venerdì 4 ottobre alle ore 18,30

alla libreria Pangea
Luigi Nacci presenta

"Trieste Selvatica"  

Editori Laterza
recensione

Non più dighe, palazzi di banche, castelli di imperatori. Vorrei dirti di osterie, bordelli, vie in cui gli artisti si sono mischiati a gente di popolo, pellegrini, spettri di soldati senza plotone e finalmente uscire dal centro, spalancare i polmoni in Carso e più in là, nella selva.
Trieste è la città di Maria Teresa, di Miramare, di Sissi, delle regate, dei caffè. Tutto vero. Ma c’è un’altra città: quella di Joyce e di chi, come lui, trascorreva le notti in locali malfamati, in mezzo alla calca umana giunta per cercare fortuna in una metropoli che fino a poco tempo prima era stata un anonimo villaggio. C’era e c’è ancora una Trieste di vicoli, di personaggi al limite tra genio e follia. C’è il Carso, non corpo separato, ma parte integrante della città: labirinto di sassi, boscaglie, doline, foibe, trincee. Ci sono boschi e foreste sterminate, luoghi in cui si è combattuto, ci si è vendicati spietatamente, si sono nascoste prove di stragi feroci, e allo stesso tempo rifugi per vagabondi pacifici, viandanti senza bandiera che non conoscono l’odio. Il selvatico batte alle porte del centro. È una forza selvaggia e liberatoria. Siamo disposti a conoscerla?

Articolo tratto dalla rivistina online della Compagnia dei Cammini:
Trieste selvatica
Di solito recensisco libri dedicati al camminare in questa rubrica, questo libro esce un po’ dal tema, ma solo un po’. È il nuovo libro di Luigi Nacci, amico e collega nella Compagnia dei Cammini, che dopo “Alzati e cammina” e “Viandanza” ha scritto per la prestigiosa collana Contromano di Laterza “Trieste selvatica”. Un viaggio sentimentale nella sua città. Che parte dal centro, e racconta episodi sulla letteratura di questa città di confine, vissuta da Slataper, Joyce, Svevo, Tomizza, Magris, Rumiz… ma poi indossa gli scarponi grossi, e si avvia verso la montagna, verso i grembani, i sassi taglienti. Giunti infatti a metà del libro, superate le periferie delle minoranze slave, Nacci ci invita a metterci in cammino da Campo San Giacomo lungo la pista ciclopedonale ricavata sulla ferrovia dismessa che porta in Val Rosandra, porta al Carso. E qui Trieste si fa decisamente più selvatica: labirinto di sassi, boscaglie, doline, foibe, trincee. Ci sono boschi e foreste sterminate, luoghi in cui si è combattuto, ci si è vendicati spietatamente, si sono nascoste prove di stragi feroci, e allo stesso tempo rifugi per vagabondi pacifici, viandanti senza bandiera che non conoscono l’odio. Il selvatico batte alle porte del centro.
Ma il colpo di scena arriva nell’ultima parte del libro. Luigi Nacci allarga ancora l’orizzonte, ci porta fino in Istria, ci racconta che Trieste è anche qui, che non si può capire l’una senza l’altra. E la Trieste selvatica allora è anche quella parte dell’Istria così misteriosa, popolata da un popolo antico, i Cici, antichi pastori profughi valacchi, ma pochissimo popolata, terra povera ma tanto vera, stiamo parlando della Ciceria. E gli scarponi diventano quindi essenziali per visitare questa Trieste dilatata verso la Slovenia e la Croazia, questa Trieste che dai caffè letterari e dal Molo Audace l’autore, anche lui audace, lega con filo sottile ai diversi in un gesto di pacificazione.
Siamo felici del successo del libro di Luigi, da due mesi è in cima alle classifiche di vendita nella sua regione. I suoi racconti Luigi Nacci li condivide sempre con gioia e passione anche con i viandanti che accompagna sul Carso, in Ciceria, o da Lubiana a Trieste, o negli altri luoghi dell’Est con i viaggi della Compagnia dei Cammini.

È nato nel 1978 a Trieste,si è laureato in Lettere e ancora oggi insegna nelle scuole dopo un periodo di pausa. Ha pubblicato dei libri in versi e in prosa, è stato operatore culturale curando rassegne in giro per l’Italia ed è poi diventato giornalista e guida naturalistica.
Ha iniziato a camminare sulle tante strade che portano a Santiago e a Roma, e poi nelle sue terre, quelle che preferisce definire, con una parola sola, Est.
Tutto questo solamente dopo aver portato a termine per la prima volta nel 2006 il Cammino di Santiago,scoprendo che la poesia e il cammino non sono così distanti tra di loro, anzi, sono vicinissimi: entrambi hanno alla base il ritmo, il raccoglimento, la ricerca di un senso profondo nelle nostre vite.
Ha fondato ”The Rolling Claps“, un gruppo che si occupa di riscoprire le antiche vie, ha creato assieme ad altri l’associazione “Il Movimento Lento” per promuovere la cultura della lentezza, ha infine ideato una festa, il “Festival della Viandanza”.