mercoledì 31 ottobre alle ore 18,00

alla libreria Pangea
inaugurazione della esposizione fotografica di Giada Pullin

"La spiaggia dei bambini"  

con aperitivo
serata di chiusura mercoledì 20 novembre alle ore 18
volantino

Strade tortuose in mezzo alla foresta, così piccole che non permettono il passaggio con più di uno scooter, buche profonde, su e giù senza nemmeno una luce, se non quella delle stelle. Poi finalmente la spiaggia! Vediamo un piccolo villaggio con casette di legno, spegniamo lo scooter e lo attraversiamo senza fare rumore, è notte e non vorremmo creare sospetti ma lo stesso qualcuno ci vede e in silenzio lascia che passiamo. Camminiamo sulla spiaggia fino ad arrivare abbastanza lontano, in modo da non essere visti. Apriamo la nostra tenda aiutandoci con la luce della torcia, di fronte noi solo lo scuro del mare con la luce di qualche lampara qua e là. Questo fu il primo incontro con le spiagge di Dawei. Nei giorni seguenti ci spostammo da una spiaggia all’altra con il nostro scooter, facendo tappa solo in un villaggio al centro della penisola in cui facevamo rifornimento di cibo. Erano tutte così, spiagge splendide attraversate solo dai piedi degli abitanti dei villaggi: pescatori e qualche contadino. I bambini ti accoglievano con il loro sorriso e i grandi con la loro ospitalità. Cucinavano per noi per davvero pochi soldi e quando eravamo stanchi ci lasciavano riposare in casa loro. Questo accadeva nei posti più dispersi dove di bianchi se ne vedevano davvero pochi. Nei posti leggermente più turistici già cercavano di approfittarsi di te, sapendo quello che potevi avere in tasca. Ma quella non è la natura del popolo birmano. Loro sono un popolo genuino ed estremamente altruista, ti darebbero qualsiasi cosa se ne avessi bisogno. Questo deriva dalla loro cultura e principalmente dalla loro religione che viene praticata con tutto l’animo in quel luogo. Scoprimmo però che la penisola di Dawei stava per essere trasformata in una destinazione turistica da un ricco signore thailandese che comprò la penisola. Grazie al suo fascino tropicale il Myanmar sarebbe una meta adorata dai turisti occidentali e le prospettive di guadagno per strutture su quelle spiagge sarebbero altissime. Il problema è che giorno dopo giorno piccole realtà locali vengono distrutte insieme alla quotidianità e allo stile di vita delle persone che le abitano. Proprio dalla rabbia per la sua futura distruzione e dall’amore per quella terra, nasce l’idea della mostra “La spiaggia dei bambini”. L’idea è quella di trasmettere la gioia e la vitalità di popoli che piano piano elementi esterni stanno trasformando, una civilizzazione che non viene da dentro ma imposta. Io personalmente, Giada Pullin, credo nel rispetto dei popoli e nell’importanza di non distruggere le tradizioni. Il mondo è bello perché è vario e allora se lo omologhiamo tutto, se costruiamo ovunque le stesse strutture e imponiamo un rigore e uno stile di vita classico per tutti, cosa ne resterà di questa bellezza? Ci hanno detto che la Thailandia era come il Myanmar 80 anni fa. Ora è certo ancora bella, suggestiva, caratteristica e con una cultura diversa dalla nostra, ma si può forse definire una via di mezzo confusa tra l’Occidente e quel paese simile al Myanmar che era. Attraverso questa mostra voglio far vedere al mondo cosa succede a molti chilometri di distanza. Nell’esibizione fotografica ci saranno foto dell’India, Myanmar, Thailandia e Malesia, con un accenno anche a Singapore. Vi farò percorrere con una selezione di foto il viaggio da noi percorso attraverso il sud-est asiatico e spero che durante questo percorso tutti voi possiate riflettere sulla bellezza profonda e radicata di mondi che non sono il nostro.

Giada Pullin, nata a Correggio (RE) nel 1998. Dopo il liceo decide di partire per un viaggio principalmente di volontariato attraverso il sud-est Asiatico (India, Myanmar, Tailandia, Malesia) per poi finire in Australia a lavorare. Torna in Italia quasi un anno dopo per frequentare ingegneria all'università di Padova. Decide di allestire una prima mostra fotografica per far rivivere alle persone della sua città l’esperienza indiana da lei vissuta e per raccogliere fondi da devolvere alle associazioni con cui ha collaborato. “La spiaggi dei bambini” è la sua seconda mostra.