Il popolo del diluvio di Predrag Finci
Editore: Bottega Errante
Traduzione: Alice Parmeggiani
Formato: 13 x 20
Pagine 160

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"È un partire e tornare, il romanzo filosofico di Predrag Finci, ma è anche un emergere dalle nebbie della perdita al tepore della felicità. È ciò che più colpisce di queste pagine in cui le parole fluiscono senza interruzioni: alla fine, c’è la felicità." Laggiù, o lassù, la luce. (Dalla prefazione di Maria Bettetini)

Una corriera nel 1992 parte da Sarajevo durante l’assedio e porta con sé donne, bambini, uomini, vecchi: un intero popolo è seduto su quel bus durante quel lungo viaggio notturno che li porterà ad attraversare i check point per dirigersi chissà dove. Torneranno? Saranno accolti da qualcuno? Riconosceranno ancora la loro terra martoriata? Dalla città bosniaca a Londra, una testimonianza dolorosa e nostalgica, ma anche ricca di speranza che ci conduce verso un epilogo dove da qualche parte, nascosta ma ben visibile, può apparire la felicità.

Ne si svela una scrittura che deborda di immagini, che attraverso i dettagli degli ambienti, le pennellate in grado di rivelare il carattere dei personaggi, costruisce un’ipotesi di mondo, una realtà in equilibrio fra essenza e frantumazione. Finci trova la giusta armonia, la cadenza millenaria per raccontare l’orgoglio ferito, la nostalgia, il dinamismo delle idee e del riscatto, elabora la propria esperienza di profugo e ne dissemina le spore sul terreno della memoria condivisa. Dentro pagine fervide sembra accostarsi di lato lo scrittore e filosofo bosniaco, ricercatore presso il London University College, per permettere alla scrittura di raccogliere fragranze e bagliori improvvisi, consapevole che la creazione è un’impresa collettiva e che il testo narrato è altro rispetto al narratore stesso, un narratore che non è uno, poiché molti influiscono sulla nascita dell’opera: esperienza, cultura, circostanze, interlocutori, subconscio…
[tratto dalla: recensione di Paolo Risi]

Il popolo del diluvio, di Predrag Finci, è la testimonianza dolorosa, triste, carica di nostalgi a di un esodo, un coro a più voci di quello che può significare lasciare la propria terra, la propria vita, nella speranza di una nuova felicità, e di quanto possa costare perdere tutto senza sapere cosa si potrà trovare.
[tratto dalla: recensione di Stefania Iannolo]

Predrag Finci (Sarajevo, 1946) è stato professore ordinario di Estetica alla Facoltà di filosofia di Sarajevo fino al 1993, anno dell’inizio del suo esilio a Londra dove attualmente vive e lavora come scrittore. È ricercatore presso il London University College, membro del PEN club di Sarajevo e dell’Exiled Writers Ink (Londra). Solo alcuni frammenti della sua ricca bibliografia sono stati tradotti in italiano, grazie al prof. Angelo Floramo. Pubblicato in tutto il mondo, questo è il suo primo lavoro completo che viene pubblicato in Italia.

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