Generazione Serbia di Dušan Veličković
Traduzione di Elisa Copetti
Editore: Bottega Errante Edizioni
Collana: Estensioni / 6 Anno 2018
Formato: 13×20
Pagine: 176
ISBN: 9788899368319

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La storia del Novecento – serbo ed europeo – e le vicende della famiglia Kobac/Tomić sono l’ordito e la trama che Veličković tesse con maestria. Una tela arricchita dalle riflessioni sul ruolo degli intellettuali e sul potenziale di ciascuno di farsi interprete del proprio tempo (Marzia Bona)

"So di essere responsabile, ma non mi sento colpevole. Semplicemente ne prendo atto: a me interessano prima di tutto i miei piccoli diritti e la mia vita quotidiana; voglio essere ironico e non credere ai grandi destini, ai grandi uomini e alle grandi parole; voglio vivere in un piccolo bicamere e avere un grande letto dal quale si alza ogni mattina una donna dai seni piccoli che mi racconta i suoi sogni. io non ascolto i suoi racconti ma so che nutrono la mia vita." (pag. 96)

Il romanzo di Veličković narra i destini familiari che incrociano la “Guerra dei maiali”, le due guerre mondiali, gli anni Cinquanta e le purghe titoiste, la ribellione globale del 1968 e l’ascesa di Milošević. Nel 1991, come la Federazione Jugoslava, anche il nucleo familiare si scioglie e l’ultimo Kobac parte alla ricerca del padre. La famiglia serba Kobac/Tomić è la metafora di un popolo che attraversa il Novecento. Il racconto, dissacrante e ironico, segue in linea maschile le vite di uomini che dalla Serbia dell’Impero Austroungarico, viaggeranno fino in Russia e in America attraversando la Grande Storia.

Non è un caso che gli imperi abbiano cominciato a sgretolarsi e che non ne siano potuti nascere di nuovi. Le ideologie cambiavano residenza e la gente non faceva attenzione a quel che diceva. I comunisti ribadivano di non esserlo, mentre i popoli intonavano canti proibiti. Gli agitatori gridavano alla gente e dal popolo arrivava un eco tre volte più forte. I capipopolo gridavano ancora di più gli uni contro gli altri. Incontrai un uomo che era partito per la guerra. Aveva l’aspetto di un clown. (pag 93)

Recensioni:
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Interviste:
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Dušan Veličković (Šabac, 1947) è uno scrittore, editore, giornalista e regista serbo. Per la sua opposizione al regime di Milošević è costretto ad abbandonare il proprio Paese, spostandosi prima a Vienna, poi a Parigi e infine a Londra. Nel 1993, ritornato in patria, comincia a dirigere la rivista “NIN”, con la quale stava già collaborando dagli anni ottanta. L’esperienza nella direzione della rivista, punto di riferimento per la stampa indipendente e liberale del Paese, continua fino al 1997, quando per motivi politici (“per non essere stato meno critico verso il governo”) viene rimosso dall'incarico. Per la sua linea editoriale e per la sua opposizione al regime Veličković fu minacciato ripetutamente e rischiò di perdere la vita, come racconta in “Le minacce”, short story contenuta in Serbia hardcore, pubblicato da Zandonai nel 2008.
Nel 1998 fonda la rivista letteraria “Biblioteka Alexandria”, che in un’intervista definisce nata non da un sogno giovanile ma da una decisione pragmatica: far emergere quella parte più internazionale della cultura serba. Nel 1999 la rivista diventa anche una casa editrice – con il nome di Alexandria Press – attraverso cui gli scrittori serbi, secondo Veličković, possono comunicare non più solo con la parte provinciale ed eccentrica ma anche con quella da lui definita “normale” della società, serba e internazionale.
I suoi saggi, come alcuni suoi racconti, sono pubblicati da importanti testate straniere, una fra tutte “The Washington Post” (a tal proposito è interessante il racconto “Djindjić, Milošević e il ‘Washington Post'” inserito in Serbia hardcore).
Ex presidente e attuale membro del PEN club serbo, le sue opere e la sua carriera hanno ricevuto svariati riconoscimenti, tra cui il Premio internazionale per la Libertà e il Giornalismo a Napoli nel 2009.

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